lunedì 11 maggio 2015

STAFFETTA MISSIONARIA

Eccoci di nuovo in giro per il mondo con una nuova STAFFETTA MISSIONARIA in INDIA.
ULTIMA PUNTATA E POI FRANCESCA TORNERA' IN ITALIA!!!
Una scuola davvero...speciale!  Dopo questo lungo periodo di piena attivita’ all’interno della “Cottolengo Special School for physically and mentally challenged” posso provare a descrivervi come funziona, consapevole di quanto sia difficile spiegare le emozioni provate, ma sperando di riuscire a trasmettervene alcune anche da lontano.  Tutti i giorni, dal lunedi’ al venerdi’, i bambini, eccetto chiaramente quelli che non vivono qui, arrivano intorno alle 9.15. Armati di zainetto e divisa (pantalone rosso e maglia a maniche corte a quadretti rossi e bianchi), gli allegri studenti oltrepassano il cancello del convento accompagnati a piedi, in moto o in tuc-tuc! Corrono tutti nelle rispettive classi a posare lo zaino e poi tornano in cortile per la cosidetta “assembly”, che ha inizio alle 9.30. Questo vero e proprio rito serve a radunarli e ad ufficializzare l’inizio della mattinata scolastica. E’ stato istituito dal governo indiano ed e’ obbligatorio in tutte le scuole. Ognuno puo’ gestirlo come preferisce, ma i bambini devono cantare l’inno della patria. La solennita’ del momento qui e’ vista come un gioco e i bambini si divertono molto. Sister Sheela, la direttrice della scuola, con un grosso tamburo richiama tutti davanti a lei. Poi incomincia dando il buongiorno ed alcuni avvisi. Dopodiche’ arriva il momento dell’inno: con la mano sul cuore tutti lo cantano, a modo loro. Poi la suora brandendo di nuovo il tamburo invita tutti a marciare in fila indiana fino ad arrivare nelle classi. E’ un momento molto divertente! Ai bambini piace molto marciare a ritmo..e a me guardare questo spettacolo, un misto di folklore e simpatia! I bambini sono divisi in otto classi: - LKG (dai 3 ai 6 anni): fino a qualche settimana fa per loro la scuola ha significato giocare a palla, con le costruzioni, con peluche e giochi vari, talvolta ascoltando la musica e ballando. Ora le cose si sono complicate. Alla fine dell’anno dovranno saper riconoscere alcuni oggetti, animali, frutti, verdure e nominarli in inglese; scrivere le lettere dalla A alla Z ed i numeri da 1 a 10! Si cerca di stimolarli sin da piccoli, perche’ e’ l’unico modo per ottenere buoni risultati dai bambini disabili. Sono sette, ma tre di loro, non parlano affatto! Si cerca di fare un po’ di speech therapy, iniziando da suoni semplici come quelli delle vocali. La bambina di questa classe che piu’ mi ha colpito sin dall’inizio e’ Varshini. Fino all’eta’ di quattro anni era una bambina normale: parlava, giocava, correva, mangiava da sola e cresceva felicemente. Pochi giorni dopo aver festeggiato il suo quarto compleanno le e’ venuta la febbre alta. Nonostante le medicine la febbre non passava: era meningite. Ora Varshini ha 9 anni in un fisico da bambina di 4. E’ rimasta cosi’. Non mangia da sola, non parla, si fa la pipi’ addosso e, i primi giorni di scuola, correva qua e la’ senza motivo buttando per terra o lanciando tutto quello che vedeva. Ad oggi il suo comportamento e’ cambiato, sta addirittura seduta e si riesce a farla giocare con altri bambini. Per quanto riguarda il dono della parola si sta cercando di aiutarla. - Dhriti’s class, First stand, 6-7 anni: disabilita’ diverse tra loro, cio’ che li accomuna e’ la voglia di imparare, trasmessa dalla loro insegnante. Dhriti ci mette corpo, anima e cuore per insegnargli l’alfabeto, semplici parole, i numeri e le addizioni. Migliorano giorno dopo giorno! Dalla loro classe si sente spesso urlare all’unisono “A for appleeeeeeeee”, “B for
bananaaaaaaa”, “C for caattttt”! - Sister Sheela’s class, Second stand, 8-9 anni: unici ed irripetibili, gioiosi e attenti, Sriram, Claire, Vedesh, Hema, Prathiba, Varun, Darshan, Dhanushree, Sharon sono dei germogli sbocciati grazie all’incredibile forza e grinta di Sister Sheela. Iperattivi, down sindrom, problemi di vista, disturbi dell’attenzione, le loro problematiche creano un misto esplosivo che rende questa classe faticosa da gestire, ma allo stesso tempo capace di dare tante soddisfazioni! Il loro programma scolastico di inglese, matematica, scienze, computer e cultura generale e’ pari a quello dei bambini indiani normali che frequentano la stessa classe. Cio’ che cambia e’ la metodologia con cui insegnamo loro i concetti. Al momento scrivono in bella grafia, anche con le lettere minuscole, parlano discretamente bene inglese, sanno i numeri fino a 100, fanno addizioni e sottrazioni, fanno lo spelling correttamente di qualsiasi parola, imparano semplici poesie e fanno esercizi scritti a scuola e per compito a casa. Hema e Prathiba vivono nel boarding: la maggior parte delle suore cercano di stimolarle a studiare...in fondo sono le loro bambine! Quello con cui faccio piu’ difficolta’ in questa classe e’ Sriram. E’ un bambino iperattivo a livelli incredibili. Ha un’instacabile forza della natura dentro di se’ che potrebbe spostare le montagne. Non sta mai fermo, si alza dal banco, pizzica gli altri, cerca cibo, lancia i gessetti, si mette la gomma in bocca, si toglie le scarpe, se le rimette, va a bussare nelle altre classi..e cose del genere! Sister Sheela ci ha dato alcuni consigli su come gestirlo e pian piano ho imparato anch’io ad essere severa e rigida con lui! Alla fine della lezione pero’ mi abbraccia stretta dicendomi “Akkaaaa (letteralmente “sorella”, nome che tutti usano per rivolgersi ad una donna), Sriram loves you”!  - Sister Rubi’s class, Third stand, circa 11 anni: i cosiddetti fantastici sei, tre maschi e tre femmine, Gagan, Ragavendran, Danush, Diana, Archena e Keerthy. La maggior parte ha problemi di apprendimento, di memoria e disturbi dell’attenzione. Il loro livello e’ esemplare per i piu’ piccoli: sanno leggere e scrivere se seguiti e stimolati, riescono a fare ragionamenti ed esercizi abbastanza elaborati, fanno cartelloni didattici incollando e scrivendo le didascalie, parlano bene inglese e rispondono alle domande orali con risposte il piu’ delle volte adeguate. Studiano inglese, matematica, scienze, computer e cultura generale. E’ una delle mie classe preferite. Ognuno di loro ha degli incredibili talenti nascosti ed un modo di fare buffo e troppo simpatico. Non posso non descrivervene almeno tre! Apparecchio per l’udito (e nonostante cio’ sente poco), occhiali spessi quanto un dito mignolo, naso schiacciato e labbro leporino), Danush e’ un Michael Jackson in miniatura. Sa davvero ballare come lui, strisciando i piedi indietro a ritmo di una musica immaginaria! Vocione da uomo, ma lunghe trecce femminili, camminata ciondolante, ma animo attento e preciso, Archena e’ una ragazzina indescrivibile. Sempre attiva e volenterosa, tanto da doverla frenare per il suo troppo entusiasmo, e’ un’incontestabile leader. Il suo contrario e’ Gagan, un ragazzo alto e slanciato. Ha un QI molto basso, ma la sua presenza delicata e sorridente cattura sempre la mia attenzione. Quando scrive sta a due centimentri dal foglio, toccandolo con il suo folto monociglio ! -
Fifth stand, circa 17 anni: questa micro classe e’ formata solo da due delle ragazze che vivono qui dalle suore, Rachel e Sugania. Sono le uniche che l’anno scorso sono state promosse per questo livello poiche’ hanno passato l’esame stabilito dal governo indiano. Sugania ha raggiunto il punteggio piu’ alto di tutti i ragazzi speciali del distretto di Bangalore! Loro studiano in modo piu’ approfondito inglese, matematica, scienze, computer e cultura generale. Leggono, scrivono il piu’ delle volte in modo corretto, rispondo per iscritto a domande aperte e chiuse, memorizzano concetti e fanno esercizi di ragionamento, come vero o falso. Vanno pero’ stimolate di continuo! La spiegazione dei concetti deve essere chiara, supportata da esempi concreti e da ripetizioni. Sono molto affezionata a loro perche’ le vedo sempre, non solo a scuola. A livello comportamentale sono molto educate, gentili e sanno fare tanti lavori. A guardarle e scambiandoci insieme giusto alcune parole, sembrerebbero normali. In verita’ i ritardi ci sono , e si vedono, soprattutto nell’ambiente scolastico e relazionale. Spero pero’ che possano continuare cosi’..magari in futuro potranno cavarsela da sole! - Sister Jency’s class: e’ una classe composta da bambini di eta’ compresa tra i 7 e i 10 anni, con problematiche tali per cui non e’ possibile svolgere il programma adatto alla loro eta’. Per questo motivo si concentrano sulle lettere dell’alfabeto, sui numeri e sui disegni. Sono tutti molto sorridenti, la maggioranza iperattivi! Alcuni di loro non sono autonomi nel mangiare o ad andare in bagno. Mi chiedo sempre come faccia Sister Jency sola con tutti loro, ma poi mi rispondo che la sua immensa dolcezza e la sua estrema pazienza, sono la chiave giusta!- Sister Thressia’s class: anche questa e’ una classe composta da ragazzini di eta’ diverse, comprese tra i 12 e i 16 anni circa. Sindrome di down, psichiatrici, spastici, problemi cognitivi...un piatto ricco e variegato con l’aggiunta di problematiche adolescenziali! Alcuni di loro pero’ sono molto volenterosi e amano scrivono. Sister Thressia, con il suo calore e la sua attenzione materna, da’ loro frasi da ricopiare, disegni da colorare, argomenti su cui parlare.  - Occupational class, con Sister Shanti e Sister Elyzabeth: il caos . Qui ci sono la maggior parte delle ragazze che vivono qui, con l’aggiunta di alcuni ragazzi e ragazze che arrivano tutte le mattine solo per la scuola. Sono tanti, circa una trentina, con i piu’ disparati problemi. Le due sante suore impiegano il loro tempo facendo attivita’ manuali come la costruzione di buste e borse di carta o pulitura dei tamarindi. Alcuni di loro vengono mandati in cucina a tagliare la verdura, altri come aiutanti nelle sezioni dei bambini piccoli. Cinque di loro invece vanno a fare fisioterapia per migliorare i problemi motori. - Computer class, per first, third e fifth stand: la classe mia e di Agnes !! E’ un vero e proprio laboratorio di informatica, con due pc, un windows 2000 e un 95! Grazie al prezioso aiuto di Silvia, una volontaria torinese che e’ stata qui per due settimane, e ad Agnes, colei che seguira’ i bambini in computing per tutto l’anno, abbiamo arredato la classe con nove cartelloni applicati su una superficie di polistirolo e rivestiti di carta trasparente riguardanti la teoria: le parti del computer; input, output e storage devices; gli usi del computer; le differenze tra il computer e l’uomo. Insieme abbiamo dato vita ad una piccola biblioteca, composta da un armadio carico di libri di narrativa, di storie e di esercizi di vario genere. All’interno si trovano anche due libri che abbiamo scritto noi: “All in one – english, mathematics and general knowledge activities for LKG” e un fascicolo con spiegazioni ed immagini di azioni e aggettivi. Il primo e’ stato approvato dall’ufficio del governo che si occupa della scuola come testo di riferimento per la classe LKG della nostra scuola! Sono tre le classi che frequentano il laboratorio di informatica. I piu’ grandi vengono fisicamente, mentre per la classe di Sheela siamo noi ad andare da loro. Fino ad adesso infatti abbiamo svolto solo una parte del programma di teoria. Una volta raggiunte le conoscenze di base (le parti del computer, il loro funzionamento, le caratteristiche del computer, gli usi ecc...) potranno iniziare a smanettare un po’ con Word e Power Point. Sono tutti molto entusiasti delle nostre lezioni e stiamo raggiungendo ottimi risultati! Al momento i piccoli sanno disegnare, scrivere e leggere mouse, keyboard, monitor, speakers e cpu (central process unit). Ho insistito talmente tanto con alcune parole e spelling che ora, quando chiedo a Varun cos’ha mangiato a colazione mi risponde urlando: ”keyboardddd!”. La classe di Rubi riconosce, scrive e legge tutti gli input, output, storage devices che abbiamo loro insegnato. Lo stesso vale per Sugania e Rachel, le due dal livello piu’alto, che sanno dare approssimativamente la definizione di ciascuno, con l’aggiunta di cpu, memoria e motherboard. Se penso che il primo giugno la loro conoscenza del computer era a zero sono estremamente felice dei risultati! E’ il primo anno che affrontano la materia, percio’ lo sforzo da parte loro e’ stato davvero notevole. Inoltre sono bambini che non hanno a che fare, come i nostri, con la tecnologia molto spesso. Ci mettono davvero tanto entusiasmo e voglia! Raramente e’ capitato che non dessimo loro compiti ed erano loro stessi a chiederli . Le lezioni si svolgono dalle 9.45 alle 11.30. Dopodiche’ c’e’ il momento del pranzo: un vero e proprio delirio. Grazie alla cuoca della comunita’, Sister Delicia, tutti mangiano con le mani o con il cucchiaio, un piatto di riso con verdure o uova. I piu’ piccoli vanno imboccati ed aiutati in tutto
e per tutto, anche nel lavaggio delle mani. Una volta ultimato il pranzo, verso le 12.15, alcuni vanno a stendersi e a dormire in una stanza dove mettiamo per terra alcuni tappeti. Altri, specie i piu’ grandi, fanno un po’ di ricreazione. Alle 13.30 si ricominciano le lezioni che terminano alle 15. Il martedi’ mattina fa eccezione! Per una quarantina di minuti una volontaria viene a fare, nel grande salone comune, religione. Si tratta principalmente di raccontare storie e a cantare. A seguire un’ora di yoga, dove una volontaria adeguatamente preparata fa fare loro esercizi di respirazione e di movimento, tipici della disciplina orientale. Quasi tutti i bambini, a parte i piu’ iperattivi, vivono bene il momento, seguendo il piu’ possibile i gesti e le consegne. Anche il venerdi’ pomeriggio e’ diverso dagli altri giorni. Raduniamo i bambini nel salone, prima per una quarantina di minuti di cartoni animati, poi per speechtherapy. Proiettiamo filmati power point con immagini e nomi di oggetti (ad oggi abbiamo fatto frutta, verdura, dolci e parti del pc) per aiutarli a pronunciarli correttamente e ad imparare nuovi termini in inglese. Inoltre, quando c’e’ tempo, Sister Sheela prende da parte alcune bambine per lezioni di danza in preparazione della festa di fine anno o per l’Indipendence Day of India. Ho visto alcuni video degli anni passati e due balletti dal vivo che hanno riprodotto prima che Silvia partisse come ringraziamento... a dir poco incredibili! Da Whitefield e’ tutto. Penso che questo sia il mio ultimo post, perche’ il 2 agosto tornero’ in Italia. Sono felice di rivedere alcune persone la cui mancanza si sente sempre di piu’, ma allo stesso tempo malinconica nel sapere di lasciare una realta’ che mi ha davvero assorbito e dato tante energie positive!  Auguro a tutti di poter prima o poi vivere un’esperienza cosi’..
A presto, Francesca




Nuovo post per il blog e tanti abbracci a voi
Diamo un po' di nomi...

Mi piace l'idea di farvi conoscere un po' più da vicino, man mano, alcune ragazze che vivono qui, consapevole del fatto che le parole non bastano per descrivere la loro grandezza e personalità. Hema, la mascotte del gruppo: 1 metro e 20 di sorriso. Orfana, con sindrome di down che però la rende una delle più “up”, vitale, allegra, non si tira mai indietro. Ama giocare a palla e saltare. Capisce bene l'inglese ma ha difficoltà di linguaggio. All'inizio mi chiamava "Sara", poichè tempo fa c'era una volontaria che si chiama "Sandra". Dopo circa una settimana ha imparato a dire "Francisa". Ogni volta che mi vede, dice il mio nome venendomi vicino con il viso e facendo un sorriso a circa venti denti (non li ha tutti ). Ogni tanto la prendo da parte e, con delle carte con oggetti disegnati, le faccio ripetere i nomi, in modo da stimolarla a parlare. Giorno dopo giorno migliora ed impara! Con le altre ha un bel rapporto, tutti le vogliono bene! Sugi, la gigantessa buona: 30 anni di determinazione. E' stata portata qui quando aveva circa 15 anni perchè la mamma, unica lavoratrice della famiglia, non poteva occuparsi di lei. Con un ritardo mentale non definito, Sugi è una vera e propria spalla per le suore. Essendo la più alta e ben piantata, si presta per i lavori più pesanti. Quando era ancora in famiglia, per non stare tutto il giorno a casa da sola, andava al mercato. Da quell'ambiente ha ereditato il vocione, la voglia di gridare e di comandare. Quando ci sono dei lavori da fare lei ama dirigerli, gridando a destra e a manca cosa devono fare le persone intorno a lei. La cosa più divertente è che comanda anche le suore! Quando sento urlare da lontano "Francaaaa" (come fai tu @Ciga Rella), capisco che è lei e so che sta per darmi un compito. Con il suo inglese minimale riesce a farsi capire e a botte di "Comeeee" e "Doooo!", mi fa notare che c'è qualcosa da fare. Anche quando non capisco ciò che mi dice, trova sempre un modo per farsi intendere. La settimana scorsa ho cambiato stanza (c’erano delle suore ospiti che usavano la mia) e lei, da perfetto angelo custode, mi portava ogni sera, per mano, accendendo tutte le luci al nostro passaggio, fino alla mia camera provvisoria. Aspettava che io fossi dentro e poi mi urlava "Gooo' Naiiiii!". Marianna, la mia seguace. Orfana, incapace di parlare e di usare un braccio, Marianna è un mix di immobilità e vitalità. E' tutta storta: quando cammina butta avanti un piede, mentre l'altro se lo trascina dietro. Anche il viso sta tutto a destra e da poco ho iniziato a capire cosa guarda. Quando mi vede mi viene incontro, mi dà la sua mano buona e mi sorride. Se ho da fare qualcosa mi segue e poi rimane lì, silenziosa ma presente, vicino a me. Se mi sposto mi segue pedestremente, fin quando qualcuno non le dice di camminare un po' per il cortile, la sua unica attività della giornata per fare un po' di movimento. Capisce perfettamente tutto quello che succede intorno a lei: ride, si scazza, sbuffa, a seconda dei suoi stati d'animo. Mangia con foga con la sua manina ed è sempre la prima a finire! Conviene però non farla arrabbiare, perché altrimenti mostra il suo caratterino permaloso, restando imbronciata per un bel po`. Amù, la curiosità fatta a persona. All'apparenza capace di qualunque cosa, pare che le sia caduto in testa qualcosa quando era piccola, cosa che l'ha lasciata abbastanza stonata. E' stata tolta dalla sua famiglia per via di problemi economici e relazionali. Suo padre ha portato una nuova donna in casa e la madre, con a carico un altro figlio, continua a vivere con loro sgobbando e lavorando per tutti quanti. Amù parla spesso della sua famiglia ed ogni occasione è buona per dire che vuole andare a casa. Racconta spesso bugie, dicendo che la sua sorella è venuta a trovarla o l`ha portata in giro o le ha regalato un vestito nuovo: peccato che non sia possibile perché lei è sempre qui con noi! Ho provato a farglielo notare e sembra pian piano capire che non c`è bisogno di mentire, basta dire che le manca la sua famiglia. Chiaramente non è uno step così semplice, soprattutto dal punto di vista emotivo. A livello fisico non ha problemi e sa fare qualsiasi lavoro domestico, ma a livello mentale sembra affetta da problemi di memoria, enormi difficoltà di apprendimento e disturbi ossessivo-compulsivi. Mi chiede tutti i giorni sempre le stesse cose "Where is your family?", "Where is your phone?", "When you come to church with me?". Ho provato ad insegnarle a fare piccole cose con il computer, ma non c'è verso di farle capire come usare alcuni comandi. Il problema è che in ogni momento adesso, vuole usare il computer. "When you teach me computer?", "Where is computer?". Anche giocare a Memory non è intuitivo per lei, ad ogni manche inizia sempre girando la stessa carta! Aresì, una cantante nata. Orfana, sulla quarantina, Aresì è l'insicurezza fatta a persona. Preferisce stare ferma e fare poche cose, perché ha paura costantemente di non farcela, quando invece ne avrebbe la possibilità. Fa fatica a compiere piccoli gesti quotidiani, come piegarsi a prendere qualcosa, o mettersi le ciabatte (le mette puntualmente al contrario!). Nonostante queste difficoltà, è sempre pacifica con tutti e amo questa sua caratteristica. Non c`è momento della giornata in cui non sia tranquilla. Ama la musica. Quando sente una canzone batte le mani a tempo e si diletta nel cantare. Ha una voce strepitosa e sa cantare alcune canzoni di chiesa in inglese. Le sto insegnando qualche canzoncina nuova e apprezza molto!  Pria, emozioni allo stato puro. Orfana, spesso ridente e talvolta arrabbiata, Pria è davvero una ragazza dalla spiccata personalità. La fanno divertire piccoli particolari, così come per poco diventa furente. Quando ride non la smette più e quando si arrabbia con qualcun’altra sa essere molto aggressiva, talvolta alzando anche le mani. Non si sa dove abbia imparato alcune parolacce nella sua lingua e le grida ad alta voce. E’ l’addetta a preparare la tavola e ad aprire/chiudere le finestra, perché gli altri lavori, quelli dove ci vuole pazienza, non sono fatti per lei. Spesso cammina vicino ai muri e accosta alla faccia alle pareti toccando con il naso. Nessuno sa il perché di questo suo rito! La cosa più divertente sono le facce e le smorfie che fa dietro o davanti a tutte (@Fabrizio Defilippi, batterebbe anche te Emoticon wink!). Per questo motivo le altre ragazze la riprendono spesso, ma lei risponde con un`altra faccia. Insomma, mi scasso dal ridere con lei! Rachel, la bella. Rachel è una ragazzina di diciannove anni, all’apparenza senza problemi. I suoi genitori l’hanno portata qui perché aveva tentato di suicidarsi. Ha un ritardo nell’apprendimento e soffre di depressione. Agli inizi, mi hanno raccontato le suore, non si poteva lasciarla da sola perché era forte la paura che prendesse coltelli o si autolesionasse. Ora, grazie alla scuola, alla danza e ad altre attività, sembra in ripresa. E’ l’unica che sa leggere e scrivere. Sin da quando mi ha visto ha manifestato la voglia di imparare la mia lingua, così ogni tanto la prendo da parte e le insegno qualcosina d’italiano. Penso di essere una risorsa importante per lei, perché ha bisogno di parlare e fare cose diverse dalle altre, visto che ha problemi differenti da loro. Il problema e` che non ci sono molti argomenti con cui posso sbizzarrirmi, perche` la sua eta` mentale ed esperienziale è di una dodicenne, senza contare il fatto che ha fatto pochissime cose al di fuori di qui! Pian pianino trovero` i modi e gli stimoli giusti! Andrada, la chapati-maker. La più tarchiatella del gruppo, soffre un po’ per i chili di troppo e ne parla spesso, ma non si tira mai indietro quando c’è qualcosa da mangiare! Ha un ritardo nell’apprendimento, ma sa fare tantissimi lavori domestici e se la cava bene in cucina. Ama fare i chapati e le suore la chiamano sempre per aiutare quando è ora di prepararli. E’ lei che mi ha insegnato
! La cosa divertente è che capisce poco l’inglese e lo parla ancora meno. Si rivolge sempre a me nella sua lingua natale, il cannara. Chiaramente non la capisco, ma lei si sforza talvolta di dire qualche parola in inglese per farmi almeno intendere il senso di quello che sta dicendo. Mi dispiace molto perché mi piacerebbe parlare con lei, quando non è persa nel suo mondo di pensieri o non è intenta a guardare cosa fanno gli altri intorno, mi sembra dinamica e simpatica. Poco per volta mi insegna qualche parola in cannara o mi mostra particolarità della cucina del posto. Si prende molto cura delle ragazze meno autonome di lei, soprattutto di Angelì. Angelì, la bimba in un corpo da ragazza. Epilettica a livello avanzato, Angelì è stata portata qui insieme ad Andrada da un’altra struttura in cui non riuscivano più a gestirla. Le suore dicono che la sua età cerebrale è di circa 4 anni, mentre anagraficamente ne ha 19. Anche se non si dovrebbero fare preferenze, lei è una di quelle che amo di più. Dice pochissime parole, esclusivamente in cannara, tipo “mangiare”, “dormire”, “dammi quello”, “bambina”, “cane”. Di solito esprime bisogni o indica oggetti. Spesso fa versi inspiegabili o emette suoni a ripetizione, “da-da-da”, “ihiiiii, ihiiii”. Si muove bene, cammina e mangia autonomamente, ma il suo corpo è spesso rigido. Sembra che non riesca a contenere i suoi nervi: i suoi gesti, anche quando vuole soltanto giocare o fare una carezza, risultano forti e aggressivi. Ha una forza incredibile! La cosa più bella è che nella maggior parte del tempo sorride guardandomi dritta negli occhi. Altre volte, specie nei momenti di preghiera o quando sta succedendo qualcosa per cui tutti sono in silenzio, mi fissa con aria stranita, come a dire “che diavolo sta succedendo?”, suscitando in me tanta voglia di ridere. Mi trasmette emozioni talvolta contrastanti: un` enorme voglia di abbracciarla quando mi sorride, ma un grande senso d’impotenza quando, per non si sa quale motivo, mi spinge, mi pesta i piedi o mi tira pugni. Ama gli animali e ha un rapporto strano con gli insetti. Ogni volta che ne vede uno addosso a lei, mosca o zanzara che sia, mi viene vicino e lo indica come a chiedermi di farlo andare via. Non li tocca mai, né se ne libera da sola, chiede sempre che qualcuno lo faccia per lei. Guarda spesso il cielo e le piante, altra cosa che mi piace molto di lei. Spesso mi prende per mano e me le indica, quasi a dirmi di guardarmi più intorno. Si accorge delle piccole cose, dei dettagli. Non le scappa mai niente, la farfalla che si posa sulla foglia, l’uccello che libra nel cielo, un po’ di riso caduto per terra, l’arrivo della pioggia, il vermicello nella frutta. Mi piace il suo modo di relazionarsi al mondo, un modo tutto suo, un moNdo tutto suo! Ogni tanto ha qualche crisi, talvolta con convulsioni e bava alla bocca. In quei momenti la suora le mette una stuoia per terra e lei si sfoga: tira pugni, si rotola, scatta con le gambe e con le braccia quasi ad avere un’energia incontrollabile nel corpo, grida...poi esausta si addormenta! Non la si può mai lasciare da sola, perché non si può sapere che tipo di reazione avrà. Tante volte l’hanno trovata cospargersi di terra nel giardino o giocare con l’acqua bagnandosi completamente. E’ molto furba, quando vuole qualcosa cerca di ottenerla, ma è altrettanto pigra. Riesce a corrompermi sempre, basta un suo sguardo e una leggera inclinazione delle labbra per attirare la mia attenzione…e lei lo sa bene! Navia, la “bastian contrari”, è stata trovata da piccolina in una stazione. Qualcuno l`ha presa e portata in un collegio non adatto ai bambini speciali. Lì si sono accorti dei suoi problemi e l`hanno mandata qui. Parla correttamente inglese, con una pronuncia non troppo indiana, perfettamente comprensibile. Non sembra avere un ritardo mentale grave, ma tanta pigrizia nell`apprendimento e poca costanza, dettata dai frequenti sbalzi di umore che manifesta. Ha grossi problemi psichiatrici e prende delle pastiglie di cui non sono a conoscenza! Sovente ha forti crisi, specie quando non riceve le attenzioni che vorrebbe. In quei momenti non ci vede più, sembra accecata dalla rabbia: cerca di picchiare chiunque, soprattutto le altre ragazze più indifese, tira pietre, lancia oggetti. Talvolta cerca di lesionare se stessa contro qualcosa, tirando pugni e testate. La prima volta che ho visto una sua crisi ero molto agitata: cercavo di contenerla e di tenerla lontano dalle altre ragazze che lei voleva picchiare. Anch`io me le sono prese e la suora ha dovuto minacciarla con un bastone per farla smettere. Dopo circa un quarto d`ora di urla e pianti in solitaria, è tornata chiedendo scusa a tutti. E’ la rivoluzionaria del gruppo: quando qualcuno dice qualcosa, lei puntualmente dice il contrario! Credo sia il suo modo per cercare gli altri, per ottenere un dialogo esclusivo per lei. Per lo stesso motivo, quando c’è da fare qualcosa glielo si deve ripetere più volte prima che lo faccia. Ogni tanto s’incanta e fissa qualcosa per lungo tempo senza muoversi, né parlare. Spesso mi contraddice o cerca di prendermi in giro, ma quando capisce che non ottiene nulla così, mi viene vicino e mi bacia. Il suo compito è quello di lavare i piatti che usano le ragazze per mangiare e pulire la tavola dopo i pasti. Lorraine, the oldest one. Lorraine ha circa cinquant’anni. E’ affetta da sindrome di down ed è bianca perché figlia di anglo-indiani. Sua mamma, settantenne con molti acciacchi, viene spesso a trovarla facendosi accompagnare dal suo autista. A detta sua, quando Lorraine era piccola, era molto più attiva. Come la maggior parte dei down, con l’età è peggiorata. Al momento è impossibile farle fare qualcosa. Passa la sua giornata spostandosi da una panca nel giardino, ad una panca in casa. Sta seduta in una posizione scorretta tutta sua, in silenzio, tirando fuori ripetutamente la lingua. L’unica cosa che fa autonomamente è mangiare e camminare, se obbligata. Quando cerco di stimolarla a camminare e la prendo per mano, lei mi guarda male e spesso si divincola, scappando per tornare sulla sua amata panchetta. E’ rarissimo strapparle un mezzo sorriso. Le altre ragazze però la trattano con rispetto e talvolta si siedono vicino a lei, semplicemente guardandola e facendole sentire che ci sono. Cucusheti, per gli amici “Cucu”. Anche lei affetta da sindrome di down, è un mix di allegria e pianti. Affronta qualunque attività mossa da grande spirito d’iniziativa. Peccato che talvolta, per via della sua mole, abbia la grazia di un elefante in una cristalleria, dunque viene ripresa dalle altre ragazze. Le sue reazioni sono sempre catastrofiche: corre da me o dalle suore piangendo e, mischiando parole d’inglese con altre lingue indiane, si lamenta di quello che è appena successo. Basta poco però per farle tornare la voglia di ributtarsi in qualcos’altro, gioco o lavoro che sia. Ama i dolci ed ha una lunghissima chioma nera che si pettina frequentemente. Ghirigià, la bradipa. Pettinatura alla maschietto e di modesta altezza, Ghiri sembra non aver voglia di fare mai niente! Cammina, si muove, fa qualche lavoro, tutto con un`estrema lentezza che quasi verrebbe voglia di scuoterla e di darle un po` di energia. Anche il suo modo di fare e relazionarsi agli altri sembra quello di una novantenne: prende tempo anche per sorridere e per manifestare le sue esigenze. Non parla quasi mai, si limita ad alcune rare espressioni nei momenti in cui necessita davvero di parlare. Anche in quello sembra fare economia per non stancarsi e agitarsi troppo! Gli unici momenti in cui è attiva sono quelli in cui si arrabbi, specialmente quando le altre la invitano a fare qualcosa al posto loro: non ha voglia e non vuole subire quest`ingiustizia! Con me è tenera, si limita a sorridermi con grazia e a scuotere la testa nel tipico modo indiano per dire “SI” alle domande che le porgo. Per questa volta è tutto, la prossima vi racconterò ancora di qualche bambina e scriverò a proposito della scuola, che ricomincerà il primo giugno. Aspettiamo 94 bambini (comprese le 30 bambine che vivono qui), 20 in più dell`anno scorso, dai 5 ai XX anni! Non vedo l`ora di vedere come sarà..intravedo caos, ma tanto divertimento!
A presto!

I PUNTATA: 
Francesca, in India già da un po' di tempo, ci scrive:
"Il viaggio continua... L'avventura a zonzo per l'India con Guido è stata a dir poco fantastica. Siamo partiti da Kochi
facendo costa sud-occidentale, per poi addentrarci in alcuni stati del centro, raggiungendo l’est a Varanasi, fino a percorrere tutto il Rajasthan e tornare al sud facendo un altro pezzo di costa ovest. Paesaggi mai visti prima, villaggi, città, addentrandoci tra la gente, tra gli usi e i costumi, incontrando altri viaggiatori, stringendo relazioni…insomma, lasciandoci stupire da quella che non può che essere definita come "Incredible India"! Ogni tappa è stata una scoperta sensazionale, sotto tanti punti di vista, umano, culturale, culinario, emotivo, folkloristico. Guido è partito la notte tra il 30 aprile e il primo maggio ed io ho passato ancora un giorno a Kochi con alcune persone che abbiamo conosciuto. La sera ho lasciato la città con un po' di tristezza nel cuore e agitazione per l'inizio di una nuova esperienza. Ecco che dopo una nottata in treno mi sono ritrovata a Whitefield, un paese considerato quartiere della periferia di Bangalore.
Seguendo le indicazioni datemi dalle suore sono arrivata al convento, che si trova vicino al famoso Sai Baba General Hospital, un ospedale gratuito per i seguaci del santone. Proprio davanti c’è una parrocchia dedicata alla madonna di Lourdes e dietro di essa il centro di accoglienza e scuola per disabili delle suore, “Cottolengo Convent and Phisioteraphy Centre”. Sono entrata in chiesa ed ho aspettato la fine della Messa a cui stavano partecipando le suore. Al termine Sister Rani, la superiora, mi è venuta incontro presentandosi. Con lo zaino straripante di roba mi sono incamminata al suo seguito fino ad arrivare alla casa. Abbiamo bevuto un chai insieme, mentre le altre suore si presentavano una dopo l'altra. Dopodichè ho iniziato a colonizzare la stanza e ad esplorare il posto. Dormo in un'ala della casa divisa dalle suore e dalle ragazze disabili, in una camera semplice ma pulita ed accogliente (non come tante altre camere dove abbiamo dormito in precedenza!). Davanti c'è un piccolo bagno, senza doccia, ma con due secchi e un pentolino di plastica per lavarsi. La casa è immersa in un giardino dove ci sono tantissimi alberi, fiori, carote, fagiolini, scoiattoli, galli, galline e due cani, di cui uno cieco. Un edificio è dedicato all'accoglienza di trenta bambine e ragazze disabili che
generalmente vivono qui, mentre un'altra ala è utilizzata come scuola diurna per le stesse ed per un'altra trentina di bambini, maschi compresi. La scuola è chiusa fino agli inizi di giugno per le vacanze estive, quindi per ora ci sono solo le bambine orfane, che vivono tutto l'anno qui, mentre quelle con famiglia sono tornate a casa per un breve periodo. Le mie giornate stanno prendendo forma e colore. La mattina ci si sveglia presto perché la Messa è alle 6.45, talvolta in chiesa, talvolta nella cappella all’interno della casa. A seguire le suore fanno mezzora di meditazione sul vangelo del giorno. Io ho deciso di prendere in mano la Bibbia per arrivare a leggerla, in questi tre mesi, interamente. Il pensiero è nato grazie a Shaked, un ragazzo israeliano conosciuto a Goa. Lui non si definisce ebreo, ma essendo nato nello Stato di Israele conosce bene la storia del popolo ebraico e dunque l’Antico Testamento. Abbiamo avuto diverse conversazioni a proposito e mi sono accorta di quante lacune od imprecisioni ho a proposito delle vicende bibliche. Dopo la lettura sto con le ragazze, giocando, facendo semplici attività ed alcune faccende domestiche. Quando riprenderà la scuola starò con i bambini disabili più piccoli, che richiedono più attenzioni. Alle undici vado nel centro di fisioterapia ad aiutare Sister Mini con alcuni pazienti che vengono da fuori, tutte le mattine, per periodi più o meno lunghi a seconda del trattamento che devono fare. Sono misti, adulti e bambini, di ogni religione e livello sociale. Al momento sto imparando ad usare dei macchinari elettrici composti da elettrostimolatori per stimolare appunto i nervi ed i muscoli degli arti incapaci di muoversi. La suora ha studiato fisioterapia ed è una vera e propria maga! Fa massaggi con olii ayurvedici del Kerala, aiuta le persone a fare gesti ripetuti per favorirne il movimento . Nelle due sale ci sono strumenti quali palloni elastici, materassini, riproduzioni di scale, spalliere, cyclette, giochi propedeutici al perfezionamento della coordinazione e altre macchine di cui ancora non conosco bene l’utilizzo. Sto conoscendo man mano gli utenti. Fanno molta tenerezza due bambine di tre e due anni e mezzo, Fatima e Natvia. Durante la stimolazione sono tranquille, ma quando la suora le obbliga a fare certi movimenti si disperano. I genitori però sono molto determinati nel stare lì vicino ad osservare e ad accarezzarle. Natvia due settimane fa non riusciva a stare dritta e ora riesce a fare alcuni passi accompagnata..splendido! Lei è uno di quei casi tipici di alcune zone rurali dell’India, dove ci si sposa tra cugini di primo grado, per mantenere gli averi della famiglia sotto lo stesso cognome. Come mi spiegava la suora, è un fenomeno che con l’inculturazione sta sparendo fortunatamente, ma che ha generato tanta sofferenza e disagio. Spero di impratichirmi sempre di più e di riuscire ad imparare alcune basi della fisioterapia, perché è davvero entusiasmante vedere i progressi che si riescono ad ottenere.
Il pomeriggio lo passo sempre con le ragazze orfane della casa. Le loro disabilità sono diverse: down, epilettiche, ritardi mentali, problemi psichici e problemi deambulatori. Alcune sono state abbandonate dalle famiglie e ritrovate in stazione o davanti alla chiesa, altre sono state lasciate alle suore perché le famiglie non potevano occuparsi di loro per via di problemi economici. Alcune non parlano, altre conoscono solo la loro lingua madre (tamil, malyalam, kanara a seconda della provenienza), una piccola parte sa parlottare inglese. Nonostante ciò si fanno capire! La comunicazione è un vero e proprio gioco di sguardi, sorrisi e carezze. Sin dall'inizio si sono dimostrate molto entusiaste della mia presenza e alcune di loro mi cercano, mi toccano e mi prendono per mano. Non è possibile fare grandi cose per via delle loro disabilità e questo mi spiazza non poco. Sono sempre stata abituata a organizzare laboratori e cose da fare per impiegare il tempo, dai bambini in oratorio, al grest a Napoli, dalla comunità di prostitute a Torino, alle bambine lavoratrici in Africa. Qui invece la possibilità di "fare cose" è decisamente diversa. Si tratta di "stare", di condividere piccoli gesti e semplici movimenti, dal tirare la palla a lavare i cavoli, dal preparare la tavola, ad aiutarle a passeggiare. Dopo il primo pomeriggio mi sembrava d'impazzire. Il mio unico pensiero era: "...e adesso?!". Adesso, niente! I bisogni sono davvero di prima necessità e l'unica chiave per riuscire ad passare un tempo sereno con loro è la pazienza. Devo imparare a fare un grande esercizio di "decentramento" e capire che ogni movimento richiede tempo e tranquillità, anche solo la risposta alla domanda "How are you?" o i pochi passi da un angolo all'altro del cortile. All'inizio, ancora sballottata dal viaggio e dal cambiamento di quotidianità, sentivo salire il magone e un po' di voglia di piangere, ma ora credo che le mie emozioni si stiano stabilizzando. La cosa che più mi colpisce e che forse mi dà la forza di reagire è il vedere che loro sorridono molto. Ci sono momenti in cui qualcuna è persa nei suoi pensieri o seccata per qualcosa, ma per la maggior parte del tempo sono sorridenti e serene. Spesso si fermano, si guardano/mi guardano e indicano cose con stupore. Cosa fare se non sorridere e provare a dirgli in inglese il nome di quello che stanno osservando!? Chissà però a cosa stanno pensando! A prima vista sembrano vite immobili, ma basta passare un po' di tempo in loro presenza per capire che così non è. A giudicarle dall'apparenza sembrano incapaci di molte cose, ma è proprio quando dubiti che arriva il segnale che ci sono, eccome se ci sono! E' sensazionale, per esempio, vedere come si aiutino tra di loro. Quella che sa muoversi meglio mette l'acqua nel bicchiere a quella che non ha coordinazione, quella che non sa dove andare viene accompagnata da quella che sa che è ora di spostarsi da qualche altra parte, quella che non riesce a sbucciare un mango va a prendere il coltello e lo porge alla vicina che lo farà al suo posto. Si aiutano e si coordinano come se insieme fossero un'unica persona...e così sanno il fatto loro e quello delle altre! Grazie ad alcune abitudini che hanno da tempo sanno sempre quando e cosa è il caso di fare. Alle 17.30 si radunano tutte in cappella per il rosario ed i vespri. La maggior parte ha imparato le preghiere e le recita, altre stanno semplicemente in silenzio guardando le candele e i fiori sull’altare. Alle 18.30 invece aiuto un ragazzino della zona con il francese. Ha iniziato da poco a studiarlo e fa fatica a parlare e a scriverlo. Pian piano affrontiamo alcuni argomenti grazie al suo libro scolastico e facciamo esercizi. Non è così immediato insegnare francese in inglese, ma pian piano la mia testa sta imparando a fare “switch” di lingue sempre più velocemente! In tutto questo le suore spendono le loro giornate al seguito delle ragazze, cucinando, pulendo, insegnando, pregando...sempre con un'instancabile voglia di scherzare! Si prendono cura di loro come se fossero figlie e fanno di questa comunità una grande famiglia. Con me sono molto accoglienti e “friendly”. Mi hanno fatto trovare in camera dei fiori freschi del giardino, mi fanno assaggiare qualunque cosa circoli in cucina, mi insegnano a cucinare “tasty indian food” e si interessano molto facendomi domande sulla mia vita. Tutte sono state a studiare per un periodo a Torino nella Piccola Casa del Cottolengo, perciò ogni tanto parliamo in italiano, dato che loro non ne hanno spesso l’occasione e gli fa piacere. Per il resto del tempo parliamo inglese o parlano tra loro in una delle lingue di qui, a seconda di chi hanno di fronte. Che dire?! Sono contenta di essere qui, di avere tempo per me e per imparare a relazionarmi con una nuova realtà che mi sta stimolando molto. Per ora da Whitefield è tutto..vi aggiornerò in seguito! Penso spesso al gruppo missionario, alla comunità delle domenicane di Torino e di Napoli.. e spero che presto ci siano nuove partenze! Un abbraccio a ciascuno.

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